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18/5- “Bachmann” in lutto per la scomparsa di Claudio Del Favero
Il ventitreenne di Calalzo è morto dopo un volo di 500 metri
Maggio 18, 2009
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18-5-2009 Lutto al Liceo "Bachmann" di Tarvisio per la tragica scomparsa avvenuta ieri, a soli 23 anni, di Claudio Del Favero. 
Pubblichiamo il breve ricordo inviatoci dallo ski-college del Friuli Venezia Giulia e di seguito l’articolo sulla tragedia pubblicato oggi sull’edizione di Belluno del Gazzettino.

In una splendida giornata di sole, sulle montagne del bellunese, con gli sci ai piedi, ha perso la vita Claudio Del Favero. Claudio faceva parte di quel gruppetto di ragazzi che aveva creduto subito al progetto sportivo della nostra scuola e che nove anni fa dava avvio al settore sportivo del "Bachmann". Lo abbiamo visto crescere e trasformarsi da ragazzo a giovane a uomo. La passione per lo sci di fondo e per la montagna lo hanno portato ad essere un buon sciatore e un buon atleta, oltre che un bravo studente.
L’Istituto "Bachmann", affranto per la sua scomparsa, partecipa al lutto della famiglia e di tutto il mondo sportivo che lo ha conosciuto e amato.

Un volo di cinquecento metri, tra spuntoni di ghiaccio e roccia, lungo il canale Oppel. La tragedia, consumatasi ieri mattina poco prima delle 9, è costata la vita al ventitreenne calaltino Claudio Del Favero, che si stava cimentando assieme ad un amico in una discesa di scialpinismo. La notizia è rimbalzata velocemente a Calalzo, dove il ragazzo era molto conosciuto soprattutto per la sua passione sportiva, destando unanime sgomento.
Stando a quanto si è riusciti a ricostruire i due erano partiti di buon mattino da San Vito alla volta della Forcella Piccola, puntando alla via normale dell’Antelao. Il percorso prevedeva una salita per la schiena di lastroni rocciosi, detta Le Laste, lungo la quale sale la via comune alla vetta a quota 3263 metri. Un’escursione perfettamente organizzata anche dal punto di vista della scelta dell’ora in cui effettuarla, la più propizia.
Il calaltino e l’amico erano arrivati a quota 3150. Praticamente sotto la cima del massiccio, delimitato – lo ricordiamo – a nord dal gruppo delle Marmarole, il cui punto di confine è costituito da Forcella Piccola. Dal colosso scendono verso la Val del Boite ripidi e scoscesi valloni. Due valli scendono invece verso nord est solcate da rivali glaciali: l’alta Val d’Oten e la Val Antelao.
A quanto è dato di sapere il dramma si è verificato mentre Del Favero stava scendendo con gli sci, all’altezza del bivacco. «È stata davvero la sfortuna ad averci messo la mano – ha spiegato Marco Da Col, capo della stazione di Pieve del Soccorso alpino intervenuta nell’emergenza -, dato che è improvvisamente scivolato, imboccando l’Oppel, uno dei canali che salgono dal ghiaioni del ghiacciaio inferiore fino a raggiungere l’anticima». Una via di neve e di ghiaccio, l’Oppel, lunga seicento metri, trasformatasi in un percorso della morte per il ragazzo di Calalzo, che mai si sarebbe cimentato nel tentativo di percorrerla.
Sequenze drammatiche, quelle che si sono susseguite. Il terribile volo è stato visto in diretta da un’altra comitiva che si trovava in zona. Sono stati loro a far partire dal cellulare la chiamata al 118.
Sul posto si è diretto subito l’elicottero del Suem che ha prima preso a bordo un tecnico della Stazione del soccorso alpino di Pieve. Il luogo dove giaceva il corpo senza vita dello scialpinista è stato preso individuato. Una volta sbarcato, il medico ha potuto solamente constatare il decesso. Il corpo, recuperato con un verricello di qualche metro, è stato quindi trasportato in Val d’Oten da dove, con un mezzo fuoristrada è stato condotto a valle.
Claudio Del Favero lascia due fratelli, Cristina e Stefano, di cui era il più giovane. Apparteneva ad una famiglia di veri sportivi, una passione trasmessa da papà Danilo, pittore e decoratore. Aveva lavorato al rifugio Chiggiato e per il suo carattere era da tutti apprezzato. Una disgrazia, quella che l’ha avuto per protagonista, dovuta non a sottovalutazione del pericolo o leggerezza, ma ad autentica cattiva sorte.
 
di Bruno De Donà, dal Gazzettino (da dove è stata tratta anche la foto)